La morte è l'unica forma di separazione che non offre possibilità di ritorno.
E ti lascia dentro un vuoto incolmabile e un dolore immenso.
Eppure, lo stesso vuoto te lo possono dare le separazioni "da vivi" e a volte la speranza è l'unico motore che ti fa andare avanti almeno all'inizio. Ma il dolore c'è anche qui, ed è altrettanto forte e intenso.
Se poi sommi questi due dolori assieme, allora ti senti ancora più annientato e inutile, e questo rischia di mandare in mille pezzi la tua anima. Il non sapere cosa fare, il non poter fare nulla, l'allontanamento, mi fanno impazzire.
E dire che - forse - almeno uno dei due dolori non sarebbe impossibile da alleviare…
Poco tempo fa avevo questo… "potere".
Mi sento come se avessi perso il mio daimon…
Lyra sollevò la lanterna e fece un passo dentro la capanna e fu allora che vide che cosa stava facendo l'Intendenza per l'Oblazione, e qual era la natura del sacrificio che i bambini erano costretti a fare.
Il ragazzino era addossato alla rastrelliera dove si faceva essiccare il pesce, fatta di legno, su cui si trovavano schierate file su file di pesce eviscerato, duro come tavole di legno. Stringeva un pezzo di pesce secco come Lyra stava stringendo Pantalaimon, con tutte e due le mani, con forza, contro il suo cuore; ma era tutto quel che aveva, un pezzo di pesce secco; perché non aveva più il suo daimon. Gli Ingoiatori lo avevano staccato da lui. Era questa l'intercisione, ed era questo un bambino reciso.
l suo primo impulso fu di voltar le spalle e scappare via, o di cedere alla nausea e vomitare. Un essere umano senza daimon era come una persona senza faccia, o uno cui fosse stata aperta la gabbia toracica e strappato via il cuore: una cosa contro natura e inquietante, che apparteneva al mondo degli incubi e non al mondo diurno della ragionevolezza.
Così Lyra strinse forte Pantalaimon, sentì girare la testa e un rigurgito acre le risalì in gola; e, malgrado il freddo della notte, un sudore malsano le inumidì il corpo, dandole un senso di gelo ancor più intenso.
«Ratter» disse il ragazzo. «Ce l'avete voi, la mia Ratter?»
Lyra non ebbe alcun dubbio su cosa intendeva.
«No» rispose, con una voce fragile e spaventata, proprio come si sentiva in quel momento. E poi: «Come ti chiami?»
«Tony Makarios» rispose. «Dov'è Ratter?»
«Non lo so...» cominciò lei, e inghiottì con forza per controllare la nausea. «Gli Ingoiatori...» Ma non riuscì a finire. Dovette uscire dalla baracca e sedersi nella neve da sola; salvo che però ovviamente non era affatto sola; lei non era mai sola, perché c'era sempre Pantalaimon. Oh, venir tagliata via da lui come quel ragazzino era stato separato dalla sua Ratter! La cosa peggiore del mondo! Si trovò a singhiozzare, e anche Pantalaimon stava frignando, e tutti e due erano pieni di appassionata pietà e di dolore per quel ragazzo spezzato in due.
[…]
Lyra sapeva bene che l'impulso di Pantalaimon sarebbe stato quello di avvicinarsi a quel bambino dimezzato per abbracciarlo, leccargli il viso e coccolarlo e scaldarlo come avrebbe fatto il suo, di daimon; ma naturalmente c'era il grande tabù che glielo impediva.
[…]
«Lyra, mi dispiace moltissimo dovertelo dire dopo quello che hai fatto, ma quel ragazzino è morto un'ora fa. Non riusciva a star tranquillo, non ce la faceva a restare fermo in un solo posto; continuava a chiedere del suo daimon, dove si trovava, se sarebbe tornata presto, e tutto; e continuava a tenere stretto stretto quel povero pezzo di pesce come se... Oh, non ce la faccio a parlarne, bambina mia; però alla fine ha chiuso gli occhi ed è rimasto fermo, ed è stata la prima volta che mi è sembrato in pace, perché a quel punto lui era uguale a qualsiasi altra persona morta, che perde il suo daimon nel corso naturale delle cose.
[…]
Così abbiamo sviluppato una sorta di ghigliottina, immagino che si potrebbe chiamare così. La lama è fatta appunto di lega di manganese e titanio, e il bambino viene posto in un compartimento - una sorta di piccola cabina - di rete a maglia fitta, della stessa lega, e il daimon in un altro analogo compartimento, collegato al primo. Fino a che esiste un qualche collegamento, ovviamente, il legame resta intatto. Poi viene fatta calare la lama fra i due compartimenti, e il legame viene reciso di colpo. A quel punto i due sono due entità separate ».
[…]
Poi una porta si aprì, per mezzo di una grossa ruota; un sibilo d'aria, e una camera brillantemente illuminata di mattonelle bianche abbaglianti e acciaio inossidabile. La paura che provava era quasi una sofferenza fisica; era, anzi, un dolore fisico, nel momento in cui spingevano lei e Pantalaimon verso una grossa gabbia di fitta rete color argento pallido, sopra la quale pendeva una gran lama d'argento pallido pronta a calare per separarli per sempre, per sempre. Alla fine, ritrovò la voce, e urlò. Il suono riecheggiò con forza dalle superfici scintillanti, ma la pesante porta si era chiusa, sibilando; poteva gridare e gridare per tutta l'eternità e non il minimo suono ne sarebbe sfuggito. Ma Pantalaimon, in risposta, era riuscito a divincolarsi da quelle mani odiose: era un leone, un'aquila; li assalì con artigli feroci, con grandi ali dal battito selvaggio, e poi fu un lupo, un orso, una puzzola... e si slanciava, ringhiava, colpiva, in una successione di trasformazioni troppo veloce per tenerle dietro, e tutto il tempo balzava qua e là, volava, schivava da un punto all'altro mentre le loro mani si allungavano goffamente a flagellare l'aria vuota.
Anche lei scalciò e morse più decisamente che mai, finché l'uomo che la teneva non dovette riprendere fiato e lasciarla andare per un momento ... e lei fu libera, e Pantalaimon balzò verso di lei come la scintilla di un fulmine, e lei se lo strinse al petto ardente, e lui le affondò nella carne le sue unghie di gatto selvatico, e ognuna delle punte di quel dolore fu cara al suo cuore.
«Mai! Mai! Mai!» gridò lei, e si mise con le spalle al muro, pronta a difenderlo fino alla morte.
Ma quelli tornarono a gettarlesi addosso, tre uomini grandi e grossi e brutali, e lei era solo una bambina, atterrita e sotto shock; e le strapparono Pantalaimon e la gettarono in uno dei due compartimenti della gabbia di rete metallica, e misero lui, che ancora cercava di lottare, dall'altra parte. C'era una barriera di rete a maglia fine, fra di loro, ma lui faceva ancora parte di lei, erano ancora uniti. Per ancora un secondo, o poco più, era ancora la sua anima, la cara e unica anima sua.
Più forte dell'ansimare degli uomini, più forte dei suoi stessi singulti, più forte dell'alto selvaggio ululato del suo daimon, Lyra sentì un suono ronzante, e vide un uomo (ancora sanguinante dal naso) azionare una batteria di interruttori. Gli altri due alzarono lo sguardo e i suoi occhi seguirono i loro. La grande pallida lama argentata saliva piano, riflettendo la luce brillante. L'ultimo momento della sua vita di essere completo sarebbe stato di gran lunga il peggiore.
La Bussola d'Oro, Philip Pullman
2.7.16
ANIMA STANCA
Scritto da Dama Arwen alle 17:04
TAG SENTIMENTI, TRISTEZZA
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1 commento:
Li sto leggendo al contrario. Anche questo bello strong...
La mancanza ti trapassa dentro come una stilettata. Sia per i morti che per alcuni vivi.
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